In una notte di mezza estate, ad un viandante sperduto, il lago del Vajont racconta la sua storia. Narra di quand’era un piccolo torrente di montagna che viveva in pace con i suoi amici umani di Erto e Casso; di quando, poi, sono arrivati i “signori delle Basse” che si sono messi a fare buchi nella pancia di Salta e Toc, sua mamma e suo papà. Racconta di come, per portare “il progresso”, sia stato sconvolto l’equilibrio millenario che reggeva quel mondo arcaico provocando la terribile catastrofe che, in pochi minuti, ha ammazzato quasi duemila persone. Racconta non solo per fare memoria ma per avvisarci di non ripetere gli errori del passato; perché constata che i “signori delle Basse” continuano a ritenere di essere i padroni del mondo e tutti noi a credere loro; per avvertirci, ed è questa la profezia, che se continuiamo in questo modo non c’è speranza.

Il progetto del “Grande Vajont” è sicuramente una straordinaria opera della scienza e della tecnica umana. La stessa diga, che in occasione della tragedia ha sopportato carichi molto superiori a quelli “normali”, è un manufatto eccezionale. Eppure la catastrofe è avvenuta. Oggi è là, immensa, immobile, silenziosa, a ricordarci, di quanto noi esseri umani possiamo essere presuntuosi e arroganti. È un monito, purtroppo il più delle volte disatteso, ad ascoltare, conoscere e rispettare la natura.

Di ADMIN

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